Ecco la traduzione del post intitolato
Where are we heading to…? (part 2)
No Country for Old men (…is anybody in charge here…?)
che trovate sul blog Digital Agreement tenuto da Riccardo Genghini.
A voi la lettura… e i commenti!
Quali conseguenze ha la spesa sociale pubblica sui paesi appartenenti all’OCSE?
Devo ammettere, e la faccenda mi sembra così ovvia, che ancora temo di aver frainteso i numeri e i trend in atto. Perciò spero che tra i miei lettori ci sia qualcuno che mi voglia aiutare ad individuare l’informazione (mancante) che mi ha ingannato nelle mie valutazioni.
Oggi l’Europa ha circa 500 milioni di abitanti. Se si somma al numero degli anziani (sopra i 65 anni) quello dei giovani (di età compresa tra gli 0 e i 19 anni), nel 2010 il rapporto fra la popolazione inattiva e quella attiva (total dependency-ratio) risulta essere pari al 63,2%. Ciò significa che, per ogni 100 persone in età lavorativa, nell’EU27 ci sono 63,2 giovani o anziani che dipendono da coloro che lavorano: 63,2/100 = 63,2%. Nell’EU27 ciò corrisponde a un rapporto di circa tre persone in età lavorativa per ogni due persone non in età lavorativa.
Il numero delle persone di età inferiore ai 20 anni (in alcuni rapporti sulla dependancy-ratio giovanile il limite di età è fissato a 15 anni) costituisce la base per calcolare la dependency-ratio dei giovani. Oggi tale rapporto è del 23%, mentre nel 2060 sarà del 25%. Ciò significa che, nei prossimi 50 anni, ci saranno, per ogni giovane (0-19), 4 persone in età lavorativa (20-65). http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Glossary:Young-age-ependency_ratio
Il numero delle persone di età superiore ai 65 anni fornisce invece la base per calcolare la dependency-ratio degli anziani. Oggi tale rapporto nell’EU27 è del 26,2%, il che significa che, per ogni 100 persone in età lavorativa, ci sono 26,2 persone anziane (come già specificato in precedenza). Nel 2045 la dependency-ratio degli anziani sarà del 45,42% e nel 2060 crescerà ulteriormente, attestandosi al 52,55%.
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Glossary:Old-age-dependency_ratio
Chi ha letto le statistiche qui linkate, avrà notato che i limiti di età utilizzati per computare le persone anziane non attive non sono consistenti: in alcuni studi Eurostat viene considerato anziano chi abbia compiuto i 60 anni di età, mentre in altre indagini il limite di età è fissato a 65 anni.
In un futuro approfondimento, cercherò di analizzare le ragioni di queste differenze, che difficile impossibile compiere calcoli matematicamente esatti. Per il momento non possiamo escludere che tali diverse basi di calcolo siano considerate di qualche utilità quando si debba presentare un rapporto ai politici con responsabilità di governo: si tratta, dunque, di documenti “tecnici” (prodotti da funzionari non eletti) che in qualche modo influenzano le decisioni politiche.
Qualunque ne sia la ragione, tali differenze nella base di calcolo della dependency-ratio determinano solo una variazione trascurabile dei dati statistici e non incidono sul trend complessivo che in questo post sto cercando di mettere in luce.
I rapporti di dipendenza qui citati sono consultabili a pagina 12 del “EU Youth Report 2012” http://ec.europa.eu/youth/documents/national_youth_reports_2012/eu_youth_report_swd_situation_of_young_people.pdf a seguito della Comunicazione di Commissione COM(2012) 495 sull’implementazione del quadro rinnovato per la cooperazione europea per la gioventù (EU Youth Strategy 2010-2018) http://ec.europa.eu/youth/news/20120910_en.htm
Mi stupisce come numeri così preoccupanti siano usati per progettare politiche per giovani e anziani europei, quando il vero significato di tali numeri è che il sistema previdenziale ed assistenziale sta implodendo, come cercherò di dimostrare nel resto di questo post. Per approfondire l’analisi , qui di seguito riporto alcuni link di siti che trattano il tema dell’evoluzione demografica in Europa.
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_OFFPUB/KE-ET-10-001/EN/KE-ET-10-001-EN.PDF
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_OFFPUB/KS-SF-08-072/EN/KS-SF-08-072-EN.PDF
Ora, nei prossimi 30 anni nell’EU27 la percentuale della popolazione anziana rispetto a quella in età lavorativa crescerà dal 26% al 45,42% circa (registrando un incremento di circa il 60%). Nel 2045 nell’EU27 il rapporto degli anziani rispetto ai lavoratori non sarà più di 3:2, ma decrescerà, attestandosi a 2:1. Un drammatico cambiamento.
Nei prossimi 50 anni il rapporto di dipendenza (dependency-ratio) dei giovani subirà solo lievi aumenti, secondo quanto afferma l’EU Youth Report del 2012, che, a pagina 12, riporta quali saranno gli sviluppi dell’indice di dipendenza di giovani ed anziani per i prossimi 50 anni. Il rapporto di dipendenza dei giovani, oggi del 23% (il 23% della popolazione totale ha un’età compresa tra 0 e 19 anni), si prevede arriverà ad essere del 25%. Ciò significa che per sostenere un giovane in età non lavorativa saranno necessari 4 lavoratori.
ec.europa.eu/youth/documents/national_youth_reports_2012/eu_youth_report_swd_results_of_eu_youth_strategy_2010-2012.pdf
Nel 2045, tra circa 30 anni, il rapporto totale di dipendenza di giovani e anziani (total old age and young age dependency) sarà di circa il 70% (con un 24% del primo rispetto a un 45% del secondo). Nel 2060 tale valore sarà di poco inferiore all’80%. Ciò significa che nel 2045 in Europa poco più del 50% della popolazione complessiva lavorerà per mantenere la metà restante della popolazione.
Nel 2060 ci saranno 1,2 persone in età lavorativa per ogni persona non attiva.
Fin qui nulla di nuovo, dal momento che tutti probabilmente siamo a conoscenza del fatto che in Europa la piramide demografica si sta rovesciando. È importante sapere che, se compariamo queste tendenze con quelle di Giappone, USA, Canada o Australia, il trend complessivo verso l’aumento delle persone dipendenti viene confermato senza eccezioni, nonostante alcune differenze rilevanti, nell’evoluzione della piramide demografica. http://www.economist.com/node/13611235
Negli Stati Uniti, nel 2050, la somma dei rapporti di dipendenza di giovani e anziani mediamente si attesterà al 60%, ma la tendenza resta la stessa.
Quella della Cina è invece un’altra storia, a causa della politica del figlio unico che nei prossimi 40 anni porterà il numero delle persone anziane dipendenti a quadruplicarsi. Una situazione esplosiva se non adeguatamente gestita …
Da un’importante relazione dell’OCSE si apprende che nei paesi membri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico la spesa sociale è circa il 30% del PIL, con differenze trascurabili tra Europa e USA.
http://dx.doi.org/10.1787/220615515052
http://www.oecd-ilibrary.org/social-issues-migration-health/how-expensive-is-the-welfare-state_220615515052
Inoltre, dalle analisi sulle statistiche del gesttito fiscale (Tax Policy Analysis Revenue Statistics), redatte dall’OCSE nel 2012, risulta chiaro che nel 2011 la tassazione media (su redditi di persone fisiche, redditi di società, plusvalenze, sicurezza sociale e consumo di tassazione) nei paesi OCSE è stata circa il 33,8% del PIL, con la tassazione più bassa in Cile (19,6%) e quella più alta in Danimarca (47,6%): http://www.oecd.org/ctp/taxpolicyanalysis/table_a_eng.xls
http://www.oecd.org/ctp/taxpolicyanalysis/revenuestatistics2012edition.htm
Nel 2011 nei paesi EU27 le tasse sulla produzione e sulle importazioni, sono state calcolate essere pari al 33,3% del gettito fiscale totale, mentre le imposte correnti su reddito, salute, etc. al 31,2% del gettito fiscale totale. La quota delle imposte su reddito, salute, etc. è diminuita dal 2007 in poi, senza risalire nel 2010. La quota dei contributi sociali, cresciuta notevolmente dal 2008 al 2009, è leggermente scesa dal 2009 al 2010, attestandosi al 35,1% del gettito fiscale totale.
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Tax_revenue_statistics
Semplificando, il gettito fiscale dell’EU27 può essere suddiviso come segue:
– 1/3 circa da IVA e tasse simili, come pedaggi di importazione
– 1/3 circa da redditi (di persone fisiche o società)
– 1/3 circa da contributi previdenziali e assistenziali
Da tutte queste considerazioni risulta chiaro come, entro l’OCSE, la spesa sociale rappresenti la grande maggioranza della spesa pubblica. In effetti, la percentuale di spesa sociale quasi eguaglia la percentuale di tassazione, se messe in relazione al PIL.
La relazione tra tasse e contributi previdenziali è costruita in modo assai vario nei diversi paesi, per cui sarebbe erroneo concludere che la quasi totalità del gettito fiscale si trasformi in spesa sociale..
Tuttavia guardando alle singole economie OCSE, come ad esempio a Germania, Italia, Francia e USA, si può vedere come la spesa sociale rappresenti la maggior parte della spesa pubblica (i.e. più del 50%), oltrepassando in alcuni casi (Germania, Italia, Francia) il 60% della spesa pubblica totale.
La Germania ha riportato nel 2011 un PIL di 3.479 milioni ed un gettito fiscale di circa 1.250 milioni, calcolati in dollari americani. La spesa sociale nel 2009 è stata di circa 745 milioni di euro (poco meno di un trilione di dollari americani).
http://www.tagesspiegel.de/politik/deutschland/sozialbericht-2009-sozialausgaben-steigen-um-33-milliarden-euro/1558648.html
4/5 della spesa pubblica tedesca è spesa sociale!
In Italia lo stato sociale è meno generoso: solo i 2/3 della spesa pubblica sono dedicati alla spesa sociale: http://www.cliclavoro.gov.it/SondaggiStatistiche/Documents/NotaspesasocialeinItalia.pdf
Che cosa apprendiamo da queste statistiche?
In primo luogo che non c’è più questa grande differenza tra Europa ed USA, quando si tratta di spesa sociale.
In secondo luogo che sarebbe impossibile accrescere la tassazione totale per cercare di coprire nei prossimi 50 anni il drammatico incremento del rapporto di dipendenza. O la produttività raddoppierà (e con lei redditi e PIL), o sarà necessario aumentare la tassazione (per la parte che resta non coperta dagli aumenti di produttività).
Le statistiche sui ricavi delle analisi della politica fiscale redatte dall’OCSE nel 2012 mostrano altrettanto chiaramente che nel corso degli ultimi 50 anni i livelli di tassazione sono stati inversamente proporzionali alla crescita del PIL: nel 1965 la tassazione media OCSE è stata il 25,5% del PIL e il tasso di crescita è stato solidamente sopra il 4%. Ora, la tassazione media è aumentata di circa il doppio e la crescita nell’OCSE è rallentata o inesistente, anche a causa del debito accumulato in molti paesi dell’OCSE. Considerazioni più dettagliate sulla gamma ottimale di tassazione sul PIL sono riportate nella relazione OCSE di novembre 2011 sul tema: “Cos’è un sistema fiscale “competitivo”?”.
http://www.oecd-ilibrary.org/taxation/what-is-a-competitive-tax-system_5kg3h0vmd4kj-en.
Appare, dunque, evidente che la piramide demografica capovolta non sia sostenibile al livello attuale della spesa sociale. L’esito più probabile di questa situazione sarà la necessità di apportare un drastico taglio alla spesa sociale. Ciò avrà le drammatiche conseguenze politiche e sociali che oggi già vediamo in alcuni stati membri dell’Unione Europea.
Guardando ai disordini sociali in Grecia, Regno Unito, Spagna e Italia, mi chiedo: “I manifestanti credono davvero che un sistema di sicurezza sociale possa reggersi su soldi presi in prestito (o inesistenti)?”. Io non credo abbiano convinzioni così assurde.
Ho l’impressione che essi siano furiosi, perché nell’operare i tagli alla spesa sociale nessuno ha detto loro che le promesse fatte nei decenni precedenti erano vane (nel migliore dei casi) o false.
Ma guardando contemporaneamente la piramide demografica ed il livello di tassazione, risulta ovvio che anche gli stati “virtuosi” nei prossimi 50 anni dovranno dimezzare il totale della spesa sociale, se non ridurlo di 2/3, nel peggiore dei casi. Ci sarà una sproporzione insostenibile tra quello che un singolo cittadino OCSE sarà chiamato a pagare allo stato e i benefici che egli stesso ne riceverà in cambio, un giorno.
Questo sistema deve cambiare dal momento che inevitabilmente nei prossimi decenni provocherà rabbia e frustrazione, al punto da potere anche de-legittimare la democrazia. Anche durante l’ultima grande crisi sistemica (1929-1932) le democrazie si sono de-legittimate, per aver cambiato unilateralmente il patto sociale di fondo, di guisa che la maggioranza lo ha ripudiato.
Ma non sarà facile cambiare gli attuali trend della spesa sociale: l’importo della spesa sociale è visto come un “dato di fatto” che non può venir politicizzato: se qualcuno è malato deve essere curato, se qualcuno è disoccupato o socialmente debole/escluso deve essere sostenuto. Così una miriade di agenzie pubbliche e private accresce ogni giorno il numero di destinatari di prestazioni assistenziali o previdenziali, sulla base di valutazioni “tecniche” che restano (finora) oltre la portata di (fondate) decisioni politiche.
In Italia, secondo la Ragioneria Generale dello Stato, nel 2008 le pensioni di accompagnamento sono aumentate del 58%. Non è un caso che tale aumento sia coinciso con la crisi finanziaria più profonda degli ultimi ottant’anni …
http://www.cliclavoro.gov.it/SondaggiStatistiche/Documents/NotaspesasocialeinItalia.pdf
E la stessa cosa è accaduta negli Stati Uniti con la spesa sociale per la disabilità:
http://www.economist.com/node/21564418
Se da un lato durante una crisi i governi vedono crescere la propria spesa sociale, dall’altro lato, quando cercano di riparare i propri bilanci, essi raramente tagliano la spesa per le persone socialmente deboli. Nel 2012 nel Regno Unito lo sforzo per ridurre il deficit pubblico si è concretizzato in una più forte tassazione ed in minori investimenti:
http://www.economist.com/blogs/buttonwood/2012/10/fiscal-policy
La conseguenza di tutto ciò è una spesa sociale pletorica, che non solo non è in grado di dare benessere nessuno dei suoi beneficiari (sempre più segregati socialmente), ma che comunque cresce inarrestabilmente.
Infatti, mentre una generazione fa, coloro che beneficiavano delle rimesse sociali avevano la possibilità di reinserirsi nel ciclo produttivo della società, usufruendo in questo modo di tali benefici solo per un periodo di tempo limitato, oggi restano sempre più dipendenti a tempo indeterminato.
In questa direzione, prima che la generazione del boom demografico si spenga, l’Europa (e molte economie OCSE) non saranno paesi per vecchi (e vecchie)…
E se le persone diventano disilluse, arrabbiate, sospettose di tutto ciò che ambisce ad essere morale o socialmente giusto, bene … allora la situazione diverrà ingovernabile. Dobbiamo solo guardare alla Grecia di oggi e all’Argentina di dieci anni fa, per capire se il debito pubblico diventa insopportabile, nessuno è più in grado si prendere decisioni politiche.
Già in questo momento la grande maggioranza dei cittadini nei paesi OCSE “virtuosi” ha l’inquietante presentimento che la reciprocità del patto sociale sia un inganno, che sta implodendo. Il sistema è a tal punto opaco, che troppe persone non sanno più se sono “beneficiari netti” o “contributori netti”. Tutto ciò deve finire prima che sia troppo tardi e prima che le decisioni vengano prese dalla massa o da organi “tecnici” con una (non così) implicita sospensione della democrazia e della responsabilità politica.